Athina

Lo aspettavo da sempre, e le aspettative erano talmente lievitate che per timore di sbagliare tutto avrei rimandato ancora una volta…e invece sì, sono ad Atene

Una colata infinita di cemento con i vetri delle case che formano un’immenso tappeto di paillettes. Inaspettatamente mi ricorda Tel Aviv, località che frequento da ben dodici anni. Tessuto urbano medio orientale, palazzi sgarrupati, locali affollati e il caldo; come Tel Aviv le blatte, la tahini e la lingua con caratteri che non conosco. Diversamente qui non c’è un conflitto armato con i paesi vicini e ci sono tanti ma tanti graffiti per strada, ogni saracinesca è pitturata, persino i gradini delle case e i pertugi

Corro però in cerca del classico, quello che ha decretato che il popolo greco è il più intelligente ed evoluto al mondo..

Insieme a 3 milioni di turisti sto girando intorno all’Acropoli, dannato perché non ho preso i biglietti online. A sorpresa allora decido di lasciare la fila per l’Acropoli e inizio quella più piccola e ridotta del suo museo.

Tra il museo e l’acropoli c’è una di quelle abitazioni cubiche che si vedono anche in Israele, ma qui a differenza sono avvolte e spazzate, complice il vento, dalle fronde degli alberi. Mi piacciono tantissimo queste casette e il contrasto che ottengono.

Ed eccoci con grande emozione al museo..

Appena entrati si trovano statuine minuscole di coccio, che già dimostrano con esempi grandi un pollice ritto la bravura e l’estro dei foggiatori.

ci sono poi negativi di calchi sempre in coccio, vasi e braceri elaborati..

..superate con incitamento della compagnia le curiosità iniziali, iniziano le vere e proprie meraviglie. Ecco che si apre allo sguardo l’incanto delle forme e delle idee per cui da un paio di millenni vogliamo tanto bene a questo popolo.

Si vedono ad un palmo di naso le sculture che decoravano l’interno dei timpani del primo Partenone del periodo arcaico, ora non più esistente, chiamato Hekatompedon; sono in calcare duro e non in marmo pario, stuccate e colorate.

Altro particolare, il frontone in angolo continua in una grande voluta e all’interno della sua spirale è inciso forse il motivo della felce, chiamata (Marco Pardini docet) “lingua cervina”, lo scolopendrium vulgare, che entra nell’arte figurativa per indicare vita, crescita e rinnovamento.

La spirale che si intravede in natura nelle piante, nei gorgogli d’acqua, si intravede anche nelle spire del serpente o nelle trecce delle cariatidi, e nel pelplo, in cui nelle pieghe serpeggia un chiaroscuro che fa vibrare l’intera superficie

Le meraviglie sono tante e con disciplina bisogna ponderare le energie; mi trovo ad appuntare in minuscolo le opere immergendomi con calma, cercando di decifrare qualcosa di più tramite il disegno, sino a dimenticare di prendere le foto di alcune, come mi succede per il Moscoforo e Atena Polias di cui riporto quelle del libro

Il Moscoforo è del VI sec. a.c. , il suo stile arcaico e severo mi inebria, forse non l’ho fotografato perché l’obiettivo del cellulare non gli rendeva giustizia, ma un’altro pezzo, incredibilmente spontaneo, bagnato dal chiaroscuro più delizioso, l’ho fotografato e microdisegnato. L’efebo di Crizio è bellissimo, la sua sensualità ti vince; ancora in stile severo, datato già dopo il 480 a.c.

Continuando, dopo tanta abbondanza, ancora alcuni pezzi che mi hanno colpito maggiormente: un manico in bronzo del 500 a.c. con preda e predatori perfettamente avvinghiati

Il volto di Afrodite, che grazie alle ciglia bronzee ha tatuato le lacrime sulle gote

Poi ancora e ancora meraviglie.. ma davvero alla fine del museo si trova il dulcis in fundo, l’Acroterio. L’elemento che decora il vertice dei templi antichi, composto alla base dalle foglie di acanto, che salgono nelle volute dello scolopendrium, e in fine reggono la palma specchiata che corona il tutto

Il giorno successivo il viaggio è approdato all’Acropoli dove queste opere stavano, ed è stato euforizzante vederla e calpestarla. Le proporzioni dell’architettura e la vista dall’alto mi portavano ad un sovreccitamento, in realtà tutte le persone sembravano lievemente elettrizzate dall’esperienza. Penso che eravamo invigoroti dalla vista dell’Acropoli che dall’alto tutto abbraccia e dalle speciali cornici che l’architetto greco aveva messo al cielo.

Il giorno dopo si salpava in fretta per Creta, con il dolce pensiero però che ad Atene presto ci saremmo tornati; ci aspetta il museo nazionale..

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Farai fiorimenti ed ornamenti

Dal 3 febbraio al 10 marzo a Villa Bottini di Lucca, nel cinquecentenario della morte di Leonardo Da Vinci, sono esposte le opere degli allievi del Liceo artistico musicale Passaglia.

Anche quest’anno grazie all’invito del centro culturale del Compitese, il Liceo Passaglia entra in questa Villa splendida, di proporzioni e grazia ineguagliabili e nonostante il freddo da geloni ai piedi, partecipa con gioia e gratitudine.

Le opere prodotte dagli studenti hanno dell’incredibile, per la bellezza e la velocità con cui le hanno eseguite,  perché per fare le cose fatte bene occorre tanto tempo! Calcolando le ore a disposizione nei laboratori, mediamente di 5 ore a settimana, su tre mesi utili prima dell’evento, se ne ricava una settimana lavorativa di 8 ore al giorno. Parliamo di una sola settimana di lavoro!!

Anche per questo motivo molti professori preferiscono non partecipare a simili progetti, perché si corre il rischio di fare le cose fatte male e trascurare una buona trasmissione del sapere. . come dargli torto??! Pur tuttavia la qualità prodotta mi fa pensare che sarebbe stato un peccato non azzardare.

La cosa più sorprendente è il baleno, la velocità con cui dà un’idea abbozzata, da una proposta suggerita, il corpo della mostra ha preso forma.

Ci vuole molto lavoro per predisporre le strutture espositive e coordinare un gruppo così grande sullo stesso argomento. Eppure l’organismo scolastico policentrico, multiforme, difficile da coordinare ( il Passaglia ha tre sedi e quattro plessi in totale), ha il potere di avanzare e crescere con grande rapidità, dando ragione ai sistemi più evoluti, che Leonardo studiava prima di noi , quelli vegetali ad esempio o delle intelligenze di sciame, strutture che proprio perché divise in tante parti, ognuna sostituibile, ognuna dotata di diverse intelligenze, risultano essere più efficienti.

Qui vediamo l’installazione di un gruppo classe che reinterpreta la Vergine delle rocce di Leonardo come nascita del mondo o Big Bang sospeso. L’opera è stata “ultimata” durante l’inaugurazione con la performance di Nicola Fortuna che vi metteva al centro sassi sospesi in equilibrio.

Una composizione in continuo divenire in quanto ogni volta che i sassi cadono, uno studente, Giona, porta sempre una nuova tensione o una nuova quiete al suo interno.

Creare una installazione in cui diversi gruppi concorrono è stato difficile e snervante, perché diametralmente opposto al sistema piramidale a cui siamo abituati. La struttura a rete di cui stiamo parlando, ha impedito un controllo centrale e questo può essere disarmante ma ha portato ottimi frutti, rimanendo come unica strada praticabile quella di costruire per tentativi, forse il vero problem solving.



(..) Non è semplice creare un dialogo fra passato e presente, calarlo nella realtà dell'apprendimento, della scoperta, del fare artistico. Ancor più complesso se  l'interlocutore, così lontano nel tempo, è l'espressione del genio per eccellenza. Un confronto simile potrebbe intimorire, oppure far germogliare i semi di una creatività acerba ma straordinariamente vitale. La mostra delle opere degli allievi del Liceo artistico e musicale Passaglia ci racconta  un percorso, una scoperta che parte dallo studio delle opere e del lavoro di Leonardo da Vinci lasciando i ragazzi liberi di ispirarsi e creare, con i propri mezzi e con il proprio stile. (dal comunicato stampa di Paola Massone)
  

Alcuni lavori, forse quelli dal linguaggio più attuale, scherzano con il pubblico facendolo interagire tramite pop-up o qrcode, chiedendo una partecipazione attiva dello spettatore

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Leonardo diceva di non aver mai inventato nulla ma di aver sempre copiato osservando la natura, e forse le opere che hanno intrapreso questa strada sono per me le più emozionanti

Le persone da ringraziare per questo evento sono innumerevoli, e buona pratica è farlo anche con se stessi, grazie dude! e grazie a Marco Pardini, il naturopata, etnobotanico e tanto altro, che ha tenuto per noi una lezione ficiniana sulla simbologia dei fiori ritratti nella Vergine delle rocce.

Grazie al prof. Francesco Micheli per l’intrigante e affollata conferenza sul mistero di Leonardo scultore e ai professori del musicale Mirella di Vita, Francesco Ciampalini e Rosella Isola per le arie e i concerti dell’inaugurazione, grazie a Paola Massone per il comunicato stampa, grazie all’entusiasmante Anna Lagorio, grazie a Luca Nicolai per il laboratorio “questo non è un foglio” e a Nicola Fortuna per la performance da cardiopalma e grazie all’immancabile collante di tutto ciò, l’anima di Villa Bottini, il prof. Roberto Giorgetti! Poi ricordiamo la magistrale guida del prof. Giuliano Toma, la prof.ssa Marilena Sabbatini, la prof. Enrica Giannasi, il prof. Federico Baldassini, la prof.ssa Chiara Santarlasci, la prof.ssa Saveria Rizzo, e il prof. Michele Martinelli per il manifesto insieme allo studente Marco Milanesi, grazie al poliedrico prof. Domenico Troiani, al leggendario prof. Biagini, Luca Calabrese, Fabio Bagnatori, Giovanni Calleri e il gruppo di sostegno, grazie a quel tornado di Federico Pesci, Max Merler e Daniela Cappello, il DS Maria Pia Mencacci e la mia lady Nathalie Alony.. ma davvero grazie soprattutto ai veri fautori, grazie a tutti gli studenti..