La passione di Castellucci, sul concetto del volto del figlio di dio

Questo spettacolo di romeo castellucci gira già da due anni. Partito dalla germania, passato in italia e fatto un lungo giro all’estero, non ha incontrato problemi, ma ecco che in francia un pezzo giornalistico, poi moltiplicatosi, lo accusa di blasfemia incendiando le fantasie degli estremisti  …boooom!! la notizia lanciata ha preso forma e anche se falsa non si spegne con le smentite. L’opera “sul concetto del volto del figlio di dio”  in sé non c’entra con gli accadimenti, nulla ha di blasfemo anzi, è scritta e rappresentata con onestà e senso del sacro. Andando a teatro ieri sera mi son reso conto di cosa accade quando una notizia falsa trova terreno fertile dove serpeggiare e alimentarsi. Si rimane inermi di fronte a questo, alla cattiva informazione, non c’è modo di cancellare l’errore se non con un evento mediatico dirompente, ma questo non è il caso del teatro e dell’artista che deve saper assorbire questo patimento, come un cristo.
 
il regista Castellucci è intervenuto con una lettera pubblica sul sito del Teatro Franco Parenti.«Questo spettacolo nasce come un getto diretto delle e dalle Sacre Scritture. La Teodicea del Libro di Giobbe, il salmo 22, il salmo 23, i Vangeli. Il libro della Tragedia appoggiato su quello della Bibbia. L’azione teatrale vuole essere una riflessione sulla difficoltà del 4° comandamento se preso alla lettera. Onora il padre e la madre. Un figlio, nonostante tutto, si prende cura del proprio padre, del suo crollo fisico e morale. Crede in questo comandamento e fino in fondo il figlio sopporta quella che sembra essere l’unica eredità del proprio padre. Le sue feci. E così come il padre anche il figlio sembra svuotarsi del proprio essere e della propria dignità. Questo spettacolo è una riflessione sul decadimento della bellezza, sul mistero della fine. Gli escrementi di cui si sporca il vecchio padre incontinente non sono altro che la metafora del martirio umano come condizione ultima e reale. Non c’è niente di provocatorio, ma tutto quello che si vede, si sente e si prova arriva dall’osservazione diretta della realtà. Per questo spettacolo ho scelto il dipinto di Antonello a causa dello sguardo di Gesù che è in grado di fissare direttamente negli occhi ciascuno spettatore con una dolcezza indicibile. Lo spettatore guarda lo svolgersi della scena ma è a sua volta continuamente guardato dal volto. Il Figlio dell’uomo, messo a nudo dagli uomini, mette a nudo noi, ora. Quando le condizioni tecniche lo rendono possibile, è previsto l’ingresso di un gruppo di bambini che svuotano i loro zainetti del loro contenuto: si tratta di granate giocattolo. Uno ad uno lanciano queste bombe sul ritratto. È un gesto innocente portato da innocenti. L’intenzione è quella del bambino che vuole tutta l’attenzione per sé del genitore distratto. È possibile pensare alla frase del salmo 88: Dio non nascondermi il tuo Volto. Solo in questa azione nasce la musica tutto il resto è in silenzio. A Milano non è stato possibile includere questa scena non certo per un’autocensura! Non c’erano le possibilità logistiche per poterlo fare. Questa decisione è stata presa un anno fa, prima delle polemiche. Questa scena è regolarmente presente in tutte le città, là dove la si potrà attuare. Le immagini dure e spiacevoli del lavoro appartengono alla vita, non sono una mia invenzione sadica. Certe volte il teatro utilizza, come nella tragedia greca, una tecnica antifrastica, omeopatica; una tecnica cioè che utilizza gli elementi estranei per significare l’opposto. E così, per esempio, un gesto violento vuole significare la fragilità umana e il bisogno di amore. Anche le cose spiacevoli possono misteriosamente veicolare un senso di bellezza profondo che, scavalcando l’ordine del grazioso, possono parlarci in modo ancora più profondo e vero.Questo spettacolo mostra, nel suo finale, dell’inchiostro nero di china che emana dal ritratto del Cristo come da una sorgente. E’ tutto l’inchiostro delle sacre scritture qui pare sciogliersi di colpo, rivelando un’icona ulteriore: un luogo vuoto fatto per noi, che ci interroga come una domanda. Devo denunciare qui le intollerabili menzogne circa il fatto che si getterebbero feci sul ritratto di Gesù. Che idea! Niente di più falso, di cattivo, di tendenzioso. Chi afferma queste cose gravissime risponderà alla propria coscienza di avere offeso –lui si – con questa immagine rivoltante il volto di Gesù. 

Alla fine dello spettacolo la tela del dipinto si lacera come una membrana. Un campo vuoto e nero in cui campeggia luminosa una scritta di luce, scavata nelle tavole del supporto del ritratto: Tu sei il mio pastore. E’ la celebre frase del salmo 23. La scrittura della Bibbia perde il suo inchiostro per esprimersi qui in forma luminosa. Ma ecco che si può intravedere un’altra piccola parola che si insinua tra le altre, dipinta e quasi inintelligibile: un non, in modo tale che l’intera frase si possa leggere nel seguente modo: Tu non sei il mio pastore. La frase di Davide si trasforma così per un attimo nel dubbio. Tu sei o non sei il mio Pastore? Il dubbio di Gesù sulla croce Dio perché mi hai abbandonato? espresso dalle parole stesse del salmo 22 del Re Davide. 

Questa sospensione, questa intermittenza della frase, racchiude il nucleo della fede come dubbio, come luce, come l’incerta condizione umana. L’ultima considerazione vorrei riservarla a coloro che hanno giudicato lo spettacolo: dove lo hanno visto? Che cosa hanno visto? Perché hanno creduto alle caricature mostruose apparse nei blog semplicistici dei nuovi fustigatori della società? Come e cosa hanno potuto giudicare? 

Le cose allucinanti e oscene di cui leggo NON sono il mio spettacolo che ho invece concepito come un de profundis. E poi perché non leggere gli articoli di stampa – in primis quello del compianto Franco Quadri e di centinaia di articoli del mondo intero – che hanno recensito lo spettacolo più di un anno fa? Invito pacatamente tutte le autorità di questa città a prendere informazioni da fonti attendibili e serie prima di esprimere pareri che avranno certamente un peso abnorme nel clima culturale già devastato di questo Paese».

Romeo Castellucci, regista di Sul concetto di volto nel Figlio di Dio

4 pensieri su “La passione di Castellucci, sul concetto del volto del figlio di dio

  1. you didn’t express your feelings and thoughts about the show. Something must remain personal and no co/opted by the infos on the web. I understand Castellucci-s explain and kinda of s-dramatize its work but what I am in search of is the reaction of public audience. Can you give us a glimpse of it?
    Sorry for my keyboard, it’s made for editors and has a lot of lacks…

    • ya, is true thanks.. is also better if i continue in italian:) personalmente ho sentito più il baccano scoppiato intorno allo spettacolo che lo spettacolo stesso, perchè l’opera è intima e quel rumore è andato a disturbare tutto, anche il dibattito avvenuto dopo. L’opera parla dell’amore, dell’amore necessario per affrontare cose brutte o terribili e non perdere speranza. A milano, per motivi logistici, il lavoro è mutilo della parte centrale, c’è solo la prima, di teatro borghese, e l’ultima totalmente visiva e visionaria alla raffaello. Non l’ho potuta vedere quindi integralmente, peccato. A detta di castellucci, non la metterà più in scena senza. Il problema di vivere e il dubbio se siamo soli o abbandonati è dato allo spettatore e non viene risolto in scena. In ultimo rimane la domanda: sei o non sei il mio pastore? Io ho pensato a calcutta, alla testimonianza di folco terzani che teneva la mano ai morenti e abbracciava i malati, lavandoli e curandoli, e diceva che per riuscirci ha dovuto proprio fare un salto con amore, ed è la cosa più bella che sia mai riuscito a fare. In fine penso sia un’opera che si interroga sulle basi e le mette in scena. Certo mi è piaciuta, anche se incompleta e mi è piaciuto sentire parlare romeo castellucci, veramente un grande.

      • uno spettacolo o meglio un tracciato di un pensiero non si puo’ valutare se mutilato di parti essenziali al suo essere.
        Possiamo considerare questa mise come una espressione mutilata gravemente di parti del suo essere? Ovvero….nessuno di noi l’ha mai goduta appieno ma possiamo vedere e godere uno spettacolo che manca di fondamentali parti del suo essere?
        Ancora una volta l”itaglia si e’ manifestata…

  2. umm..l’italia non c’entra in questo caso, anche a parigi non è andata inscena la parte dei 15 ragazzini…in parte ti do ragione, ma sappiamo che uno spettacolo è dinamico e ci impiega a prender forma. Quel taglio è stato accettato quando il palco non era abbastanza capiente, per motivi di sicurezza, poi è stata maturata la decisione di non potergli rinunciare.

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