Berlusconi e i fischi dei morti_ di Rino Mele

Articolo di fondo di “Cronache del Mezzogiorno” giovedì 5 agosto 2010

Tre fischi di un locomotore di treno alle 10,25 di lunedì 2 agosto nella
stazione di Bologna, a ricordare -nel silenzio puro della memoria violata e
offesa- la strage politica più vasta e violenta che sia mai stata realizzata in
Italia: 85 persone saltate in aria, distrutte, alcune letteralmente consumate
nell’immane deflagrazione di trent’anni fa, nel 1980: bruciate in
quell’attimo. E duecento feriti, a gridare la loro pena improvvisa. Il
Governo è stato assente a Bologna (alla sacrale lettura di tutti i nomi delle
vittime) per non ricevere i fischi ormai rituali che si ripetono ogni anno: il
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanardi, ha difeso la
decisione, stigmatizzando “l’odio e il livore” espressi in occasioni
analoghe (in una ricerca dell’Adnkronos risulta che il 90% degli Italiani
non crede si possa e si voglia raggiungere la verità). Bersani ha interpretato
l’assenza di ministri e sottosegretari dicendo che è dovuta “allo
sbandamento che il Governo sta attraversando”: voleva essere una severa
accusa ma ha finito quasi col sembrare una giustificazione. Nella
cerimonia, straziata anche da quell’ingiustificabile assenza, è stata letta
una lettera del Presidente della Repubblica in cui la sua voce non più
giovane ha drammaticamente chiesto di “contribuire con ogni ulteriore
possibile sforzo a colmare persistenti lacune e ambiguità”. In quest’Italia,
dove accadono a pioggia fatti strani, incomprensibili, malavitosi, vili,
l’assenza di tutti i rappresentanti del Governo a Bologna -trent’anni esatti
dalla più politicamente oscura delle stragi- è una vergogna o un errore.
Sulla strage sono rimaste -come ambiguo sigillo- le squallide maschere di
Fioravanti, Mambro e Ciavardini ma ancora non conosciamo i loro
mandanti e invece questo è essenziale e abbiamo tutti il diritto -e l’urgenza-
di sapere. Sulla giacca o sulla camicia, i diecimila presenti alla Stazione
avevano un fiore bianco, una gerbera dalla bella corolla aperta. Tra essi la
figlia di Aldo Moro, Agnese che, partecipando all’incontro, ha fatto la
sacrosanta richiesta di rimuovere finalmente la barriera del segreto di
Stato. A distanza di due giorni dal commosso ricordo di Bologna, ieri,
mercoledì 4 agosto nell’Aula di Montecitorio si è votata la mozione di
sfiducia al sottosegretario alla Giustizia, senatore Giacomo Caliendo –
indagato per l’inchiesta sulla P3- presentata dal Pd e dall’Idv (la sfiducia è
stata respinta con 299 voti). Intorno a un illustre indagato, il Governo è
stato compatto: ma due giorni prima, per gli ottantacinque morti di
Bologna, era stato ingiustamente assente, lontano da quelle ombre esangui,
capaci -con la sottile voce dei morti- di fischiare.

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