La scuola israeliana fa domande sulla DAD

Il Ministero della Pubblica Istruzione Israeliana ha avviato una serie di interviste nel mondo della scuola all’estero, per capire meglio cosa è successo anche fuori dal loro paese con la DAD e quali proposte sono emerse per il futuro in risposta alla didattica a distanza iniziata con l’emergenza sanitaria.

Per vie traverse, tramite la mia compagna Nathalie Alony, l’intervista è arrivata pure a me, e per come funziono io, ho preventivamente chiesto un confronto sugli argomenti che sarei andato a discutere alle persone che maggiormente stimo, compreso i miei studenti.

Allego sotto la falsa traccia dell’intervista, avvenuta in videoconferenza con due formatrici del corpo insegnanti e una ispettrice della scuola pubblica israeliana. L’incontro è stato piacevole e stimolante e soprattutto mi ha fatto molto piacere dovermi chiarire le idee per farlo, per cui ringrazio il contributo di Davide Longfils, Nathalie Alony, Michele Martinelli, Sonia Giannella, e il DS della mia scuola M.P. Mencacci .

Riassumendo cosa è risultato simile tra le esperienze scolastiche, qui dove sto io in Lucca e dall’altra parte in Israele: per entrambi la DAD non va elogiata. Perché attraverso essa stiamo perdendo il contatto con gli studenti chiusi dietro i cristalli dei devices, perché non ci guardiamo negli occhi. Diverso invece, risulta il contributo del Ministero dei due paesi, uno invisibile e uno che ti viene a cercare per sentire come la pensi. Altra differenza sostanziale, la riforma dei saperi infatti, al secondo punto dove dico le mie proposte per il futuro, molte di quelle avanzate sono già praticate nella scuola pubblica estera.

Musée du Louvre, Département des Antiquités égyptiennes, E 11801 – https://collections.louvre.fr/ark:/53355/cl010038405https://collections.louvre.fr/CGU

INTERVISTA

Domande rivoltemi dal Ministero dell’Istruzione Israeliana e mie preventive risposte

1- quali nuove pratiche e modelli educativi si sono sviluppati come risultato alla crisi covid?

Per rispondere all’emergenza innanzitutto, con i suoi pro e i suoi contro si è sviluppata la pratica della didattica a distanza, DAD :

Pro– abbiamo iniziato a sfruttare le possibilità offerte dai mezzi tecnologici, nel nostro caso utilizzando la piattaforma di Google suite, l’utilizzo dello schermo condiviso, le cartelle virtuali come Google drive o Classroom, la possibilità di approfondire un argomento trattato in Internet, e soprattutto dando inizio ad una digitalizzazione che in Italia tardava a venire. Positiva anche l’apertura ad una maggiore autonomia da parte degli studenti, che hanno potuto gestire maggiormente il loro tempo senza essere seguiti necessariamente passo dopo passo dagli insegnanti. Di buono è venuto anche l’enorme lavoro svolto nella produzione da parte dei professori di libretti didattici, nuovi laboratori didattici documentati con scritti e immagini ad uso degli studenti.

Contro– per lo stesso motivo, non potendo seguire gli studenti punto per punto, sono anche momentaneamente decadute delle pratiche e delle tecniche tradizionali molto importanti, come ad esempio per la mia disciplina, scultura, quella della formatura in gesso o in silicone e altre che non possono essere eseguite a distanza perché necessitano di materiali idonei e la supervisione di un professionista. La cosa peggiore prodotta dall’emergenza e dalla didattica a distanza è stata la disumanizzazione, la privazione dell’incontro in presenza del gruppo classe con i propri professori, creando su un certo piano un progressivo congelamento delle relazioni, un raffreddamento progressivo che ha coinvolto anche vari colleghi e la comunità scolastica tutta. Mentre in un primo momento durante l’emergenza ci siamo uniti come potevamo e abbiamo percepito un mutuo soccorso, ora con i tempi lunghi è avvenuto uno sfilacciamento di questo tipo di contatto. Manca l’incontro con gli occhi dei ragazzi che rimangono dietro al cristallo dello schermo distratti da altri device. Molti studenti hanno iniziato a chiudersi in se stessi e soffrire forme depressive, portandone alcuni ad abbandonare gli studi. Si è poi sviluppato un abuso e dipendenza dai mezzi tecnologici e dai social network, rimanendoci intrappolati al suo interno e alienandoci dalla natura, vera fonte di equilibrio. 

La didattica a distanza ha aperto anche alla problematica della promiscuità dei luoghi, entrando nelle case delle persone, confondendo anche gli ambiti e le sue pertinenze, come anche l’utilizzo del tempo e i suoi ritmi. Ogni cosa riguardante la scuola e il lavoro è pervasa nel mondo domestico ed è stata trattata a qualsiasi ora del giorno e della notte.

La scuola è relazioni umane e formazione dell’individuo, prima ancora di essere passaggio nozionistico, ma mentre la dad ha sviluppato una grande mole di informazioni, non ha badato altrettanto bene alle relazioni dei suoi utenti.

2- quali modelli pedagogici e tecnologici c’è bisogno di sviluppare per il prossimo futuro

A mio parere c’è ancora bisogno di sviluppare modelli già noti, che promuovano l’autonomia dello studente e la sua capacità di rispondere ad un problema dato “problem solving”, quindi imparare facendo “learning by doing”, e lo scambio di informazioni e pratiche tra pari “peer education”. Come c’è bisogno di sviluppare un ascolto maggiore degli studenti, della loro condizione psicologica e sociale e dei loro bisogni, in quanto assistiamo ad una crescita esponenziale della fragilità degli stessi e anche il ruolo della scuola e l’identità della scuola deve rinnovarsi. Oggi la scuola non si concentra solo nella formazione professionale, la quale è stata incredibilmente impoverita non solo dalla didattica a distanza ma anche dall’incremento esponenziale di burocrazia e normative che hanno causato l’impossibilità di eseguire molte belle pratiche laboratoriali. 

Nella scuola attuale che vede invece la possibilità di sviluppare pratiche digitali innovative grazie anche a sovvenzioni statali e che per ovvie ragioni è sempre più attenta all’inclusione scolastica di tutti, anche dei più fragili e magari anche di quelli meno portati a proseguire in un determinato indirizzo. In una scuola della super inclusione e dalle ridotte possibilità nelle pratiche professionalizzanti è probabilmente arrivato il momento di ridefinire la sua identità e se questa è oppure sta diventando, quella soprattutto di supporto ad una fragilità sempre crescente, allora ben venga l’incremento di pratiche salutistiche, di salute interiore e fisica, introduzione dello Yoga, della meditazione e delle escursioni nella natura, come altre forme per lo sviluppo delle capacità relazionali, come migliorare l’ascolto di se stessi, la comunicazione e una buona espressione con l’altro e con la società contemporanea. Troverei ad esempio molto utili dei corsi sulla comunicazione non violenta, e altro ancora, che ci permettano nell’era della comunicazione di comunicare meglio. Non basta il mezzo tecnologico e una buona connessione se non promuoviamo anche una connessione empatica ed espressiva con noi stessi e con l’altro. 

La scuola è un luogo di aggregazione sociale, uno dei pochi rimasto in piedi con la pandemia, forse quello con le più grandi potenzialità ancora da esprimere. La scuola potrebbe rimanere aperta fino a notte ed ospitare iniziative e laboratori promossi dai giovani, dagli stessi studenti. Bisogna investire maggiormente in questo luogo e nel futuro dei giovani. I saperi che vengono esperiti al suo interno possono diventare più dinamici, meno accademici, più contemporanei. Particolarmente in Italia abbiamo bisogno di scollarci dai modelli passati e aprirci alla sperimentazione sana, creandola con l’incontro dei vari saperi. I professori a scuola devono incontrarsi per generare un dialogo tra le discipline, ogni sapere deve essere praticabile per avere senso, diventare formativo e non solo nozionistico.

3- quanto ho potuto contribuire per iniziare nuove pratiche

Nel mio piccolo quanto ho voluto, perché ci è stata data ed è stata rispettata la nostra piena autonomia nelle pratiche di insegnamento.

Quindi ognuno, ogni professore ha badato a sé, non c’è stato se non per piccoli gruppi uno scambio delle pratiche virtuose.

4- quanto queste hanno influenzato la motivazione degli alunni e degli insegnanti

Ad oggi non è stato creato un registro delle nuove pratiche ma sono state condivise in piccoli gruppi, chiedendo e parlando con i colleghi più affini. Le nuove pratiche sono state anche discusse con gli studenti cercando di capire quali altre possibilità avevamo per svolgere insieme la lezione e il programma. Essendo la mia una scuola vocazionale, un liceo artistico, le motivazioni arrivano col fare stesso.

5- quanto queste pratiche hanno influenzato sulla resilienza emotiva e sociale in rapporto allo studio di alunni e insegnanti

Ho riconosciuto che gli studenti e gli insegnanti fanno scuola di buon grado anche per sfuggire alla noia e alla solitudine del lockdown. La scuola è stata di grande supporto per tutti gli studenti, anche se alcuni, nonostante i vari tentativi, non sono riusciti a rompere la chiusura che si prova nello stare dietro lo schermo finendo per abbandonare gli studi.

6- le nuove pratiche sono arrivate dalla scuola o dal ministero?

La scuola ha promosso l’utilizzo di nuove pratiche e segnalato corsi sul tema. Il Ministero da quanto ne so non ha prodotto nulla, se non indicazioni di autotutela, su quanto tempo è legittimo che ragazzi e bambini stiano davanti allo schermo, valutando come idoneo un massimo di 40/45 minuti per volta, seguiti da una pausa di 15 minuti.

7- C’è stato un cambiamento nella percezione del sistema educativo dal punto di vista dell’insegnante, studente e genitore?

Nella mia scuola ho sentito una chiamata naturale alla responsabilizzazione di tutto il corpo docenti che si è dato un gran da fare per affrontare l’emergenza e di risposta gli studenti, che hanno riconosciuto il loro bisogno della scuola e la loro voglia di tornare in classe, e anche l’apprezzamento del lavoro svolto da parte dei genitori. Oggi più di ieri abbiamo la percezione di quanto la scuola sia di supporto per affrontare le difficoltà incontrate con l’emergenza sanitaria e quanto sia importante il suo ruolo per le relazioni umane. Anche quando le modalità non permettevano un completo passaggio di informazioni didattiche, fondamentale è stato il contatto sociale, vedere che siamo una comunità sulla stessa barca.

8- fino a che punto l’interazione scuola e autorità locali hanno contribuito alla stabilità del sistema educativo

Non conosco questo dettaglio in modo approfondito, sicuramente lo sa meglio di me il mio dirigente scolastico. Posso dire riguardo alla stabilità che : mentre lo scorso anno nella modalità a distanza siamo riusciti a crearne, quest’anno a causa dei continui cambiamenti della percentuale di presenza permessa in classe agli studenti, che variavano improvvisamente dall’oggi al domani tutte le nostre programmazioni sono state messe in crisi. Si passava da solo gli studenti certificati in presenza, al 25% 50% o 75%. Ne è risultata una grande confusione e incertezza, e una incapacità di progettare un iter coerente, ci siamo visti continuamente sottrarre la possibilità di svolgere ciò che stavamo mettendo in atto. Soprattutto in discipline come quella che svolgo io, scultura, dove i laboratori e lo sviluppo di un elaborato possono durare anche alcuni mesi, il continuo cambio di modalità, a distanza o in presenza, ha reso necessario lo sviluppo di diverse possibilità, quindi abbiamo progettato determinati lavori da svolgere solo in presenza e altre tipologie da portate avanti a casa. 

Per concludere la stabilità del sistema è stata data dalla capacità plastica dei professori insieme ai loro studenti.

il Covid si cura

Non avrei mai pensato di dedicare un articolo nel mio blog sull’argomento Covid; avendo riscontrato però, che molti pensano questo virus come una malattia letale e senza cura, ho pensato che forse è utile riportare la mia personale esperienza che dice diversamente. Questa che riporto è la cura prescritta dal nostro bravo medico ad un mio famigliare (solo una testimonianza e non un consiglio medico, non avendo alcuna competenza in materia), quando nel mese di Marzo 2021 ha contratto il virus covid-19. Il mio parente si è ristabilito nel giro di pochi giorni e ora sta molto bene. Appena ottenuto il risultato del tampone positivo, tramite una immediata consultazione telefonica il nostro medico le ha prescritto delle vitamine e altro riportato qui sotto e il giorno successivo dopo averla visitata di persona, le ha prescritto degli antibiotici e il resto riportato nella seconda fila. Spero che questa testimonianza porti più fiducia e serenità al lettore e nel caso di bisogno che questo si rivolga al proprio medico per farsi prescrivere e per esigere una cura sapendo che esistono

Subito via telefono le ha prescritto questo:
Vitamina C Named, vitamina D3 Divina o Oti, vitamina K2 Oti, Quercitina Oti, Lattofer Oti, Zinco Picolato Solgar Resveratrox Solgar . Vitamina C – 1 grammo al giorno, vitamina D – 20 gocce, vitamina K – 10 gocce ( si possono prendere assieme Quercitina 1 compressa 2 volte al giorno Lattofer 1 compressa 2 volte al giorno Zinco 1 compressa al di Resveratrox 2 compresse al di )

Dopo la visita di persona questo:
L’antibiotico zitromicina 1 pastiglia al giorno e l’idrossiclorochina (Plaquenil) 2 pastiglie al giorno , entrambe per 6 giorni

5 Dad

Ad oggi sono già 5 le settimane trascorse in didattica a distanza e abbiamo prodotto già molto nelle singole classi, scoprendo che le modalità della clausura forzata ci tengono molto impegnati

Una cosa divertente è stata trovare materiali alternativi per eludere le ristrettezze della quarantena e così un po’ per gioco e un po’ per necessità sono usciti questi 5 laboratori :

1º – calamita in pasta di sale

Abbiamo creato con la pasta di sale e una calamita una decorazione per il frigorifero

2º – tassello periodico

Abbiamo progettato un tassello a forma di losanga con cui pavimentare una superficie piana

3º – decorazione su maglia semiregolare

Scelta una configurazione semiregolare abbiamo disegnato sulla maglia creando una decorazione continua

4º – trasfigurazione

Scelta un’immagine, ne abbiamo tratto un disegno cieco, cioè l’abbiamo disegnata senza guardare il foglio, poi lo abbiamo ridefinito mantenendo le deformazioni in mix media

5º – icona speziale

Abbiamo ricreato una icona sacra in pasta di sale decorandola di fiori e spezie

Il lockdown può essere un momento irripetibile, non sappiamo veramente come stanno le cose, questa sete di definizioni ci può far ammattire più che sollevare. Incontrare noi stessi è la cosa più vera che possiamo esperire, mettere in atto, e possiamo farlo per diverse vie.. quella creativa è forse quella più dolce di tutte

I Disegni di Giulio

Ecco diversi disegni a matita nera, inchiostro bruno e acquarellature, eseguiti da Giulio Romano per la corte di Mantova

Alcuni di questi trasformati in affresco, dalla sua bottega e sotto la sua guida, si possono in questo momento comparare uno di fronte all’altro, l’idea fresca del disegno e la sua impressione a fresco su pareti e volte

I disegni di Giulio si possono mirare lungo un percorso che parte dal Castello di San Giorgio, sale alla Corte Nuova e passa per l’appartamento ufficiale di Federico II Gonzaga e la Rustica, cogliendo l’occasione anche per scoprire nuove parti del Palazzo (vanta più di 500 stanze) appena aperte dopo i restauri, che lasciano senza fiato

Mantova regala sempre cose bellissime, sono sempre molto grato e meravigliato di come ogni anno appaiono nuove meraviglie

Come questo affresco appena scoperto e visibile prima ancora di essere studiato e attribuito

Forse il monte Olimpo

Nel ricordo

La casa nomadica si è manifestata ieri con tanta potenza, le sue pareti erano ammassi rocciosi profilati da alberi, la via lattea passava al centro della volta celeste cingendo il nostro capo. Il vento soffiava e gonfiava la casa riempiendola di potere e noi, io e i miei amici, eravamo in cerchio intorno al fuoco guardiani e custodi di quell’incanto

Athina

Lo aspettavo da sempre, e le aspettative erano talmente lievitate che per timore di sbagliare tutto avrei rimandato ancora una volta…e invece sì, sono ad Atene

Una colata infinita di cemento con i vetri delle case che formano un’immenso tappeto di paillettes. Inaspettatamente mi ricorda Tel Aviv, località che frequento da ben dodici anni. Tessuto urbano medio orientale, palazzi sgarrupati, locali affollati e il caldo; come Tel Aviv le blatte, la tahini e la lingua con caratteri che non conosco. Diversamente qui non c’è un conflitto armato con i paesi vicini e ci sono tanti ma tanti graffiti per strada, ogni saracinesca è pitturata, persino i gradini delle case e i pertugi

Corro però in cerca del classico, quello che ha decretato che il popolo greco è il più intelligente ed evoluto al mondo..

Insieme a 3 milioni di turisti sto girando intorno all’Acropoli, dannato perché non ho preso i biglietti online. A sorpresa allora decido di lasciare la fila per l’Acropoli e inizio quella più piccola e ridotta del suo museo.

Tra il museo e l’acropoli c’è una di quelle abitazioni cubiche che si vedono anche in Israele, ma qui a differenza sono avvolte e spazzate, complice il vento, dalle fronde degli alberi. Mi piacciono tantissimo queste casette e il contrasto che ottengono.

Ed eccoci con grande emozione al museo..

Appena entrati si trovano statuine minuscole di coccio, che già dimostrano con esempi grandi un pollice ritto la bravura e l’estro dei foggiatori.

ci sono poi negativi di calchi sempre in coccio, vasi e braceri elaborati..

..superate con incitamento della compagnia le curiosità iniziali, iniziano le vere e proprie meraviglie. Ecco che si apre allo sguardo l’incanto delle forme e delle idee per cui da un paio di millenni vogliamo tanto bene a questo popolo.

Si vedono ad un palmo di naso le sculture che decoravano l’interno dei timpani del primo Partenone del periodo arcaico, ora non più esistente, chiamato Hekatompedon; sono in calcare duro e non in marmo pario, stuccate e colorate.

Altro particolare, il frontone in angolo continua in una grande voluta e all’interno della sua spirale è inciso forse il motivo della felce, chiamata (Marco Pardini docet) “lingua cervina”, lo scolopendrium vulgare, che entra nell’arte figurativa per indicare vita, crescita e rinnovamento.

La spirale che si intravede in natura nelle piante, nei gorgogli d’acqua, si intravede anche nelle spire del serpente o nelle trecce delle cariatidi, e nel pelplo, in cui nelle pieghe serpeggia un chiaroscuro che fa vibrare l’intera superficie

Le meraviglie sono tante e con disciplina bisogna ponderare le energie; mi trovo ad appuntare in minuscolo le opere immergendomi con calma, cercando di decifrare qualcosa di più tramite il disegno, sino a dimenticare di prendere le foto di alcune, come mi succede per il Moscoforo e Atena Polias di cui riporto quelle del libro

Il Moscoforo è del VI sec. a.c. , il suo stile arcaico e severo mi inebria, forse non l’ho fotografato perché l’obiettivo del cellulare non gli rendeva giustizia, ma un’altro pezzo, incredibilmente spontaneo, bagnato dal chiaroscuro più delizioso, l’ho fotografato e microdisegnato. L’efebo di Crizio è bellissimo, la sua sensualità ti vince; ancora in stile severo, datato già dopo il 480 a.c.

Continuando, dopo tanta abbondanza, ancora alcuni pezzi che mi hanno colpito maggiormente: un manico in bronzo del 500 a.c. con preda e predatori perfettamente avvinghiati

Il volto di Afrodite, che grazie alle ciglia bronzee ha tatuato le lacrime sulle gote

Poi ancora e ancora meraviglie.. ma davvero alla fine del museo si trova il dulcis in fundo, l’Acroterio. L’elemento che decora il vertice dei templi antichi, composto alla base dalle foglie di acanto, che salgono nelle volute dello scolopendrium, e in fine reggono la palma specchiata che corona il tutto

Il giorno successivo il viaggio è approdato all’Acropoli dove queste opere stavano, ed è stato euforizzante vederla e calpestarla. Le proporzioni dell’architettura e la vista dall’alto mi portavano ad un sovreccitamento, in realtà tutte le persone sembravano lievemente elettrizzate dall’esperienza. Penso che eravamo invigoroti dalla vista dell’Acropoli che dall’alto tutto abbraccia e dalle speciali cornici che l’architetto greco aveva messo al cielo.

Il giorno dopo si salpava in fretta per Creta, con il dolce pensiero però che ad Atene presto ci saremmo tornati; ci aspetta il museo nazionale..

Σας βλέπουμε σύντομα

40.000 km di antropocene

Kristof Kintera, basta lui per soddisfarti dei sacrifici che hai fatto per arrivare fin qui, alla triennale di Milano. Sveglia notturna, treno sbagliato a ghigliottina, capotreno mono cellula, FS odissea, massa umana, agguati psicotici ..

Basta il praghese Kintera per lasciare il calvario personale e accoglierne uno ben più grande e collettivo.. il consumo energetico e la fine imminente delle risorse

Il suo Out of Tower Power è spietatamente bello e spietato, di un peso così denso che ti incolla. L’opera predice scenari imminenti nemmeno tanto nascosti, se pensiamo che le previsioni di esaurimento delle materie prime dicono che ” il petrolio dovrebbe cominciare a diminuire entro il 2030, il rame verso il 2040, l’alluminio nel 2050, il carbone nel 2060, il ferro nel 2070 e così via” ( Mancuso, La nazione delle piante )

Fuori di lì per magia, al museo delle scienze, c’è Theo Jansen, l’olandese volante, lo scultore delle bestie canniformi e invelate che corrono sulla spiaggia

Theo, mette a disposizione ogni vocabolo della sua creazione, si possono così toccare con mano e studiare, tutte le articolazioni che formano i suoi Dream Beasts. L’artista espone, mettendo alla mercé di tutti persino le dime che ha usato per creare l’ossatura delle sue bestie, incoraggiato e divertito dal fatto che molti dopo averlo visto, hanno provato ad imitarlo

Confrontandoli, sembra di stare tra la Gorgone e il Pegaso di lezioni americane, che discutono di ricette energetiche. Preferire un solido pesante e statico oppure l’effimero, leggero e cinetico?

Tra la Triennale e il Museo delle Scienze c’è poco più di 1 km. Si può vedere questo discorso rimbalzare da una parte all’altra in un chilometro, e lo si può srotolare almeno 40.000 volte per fare un giro completo della terra e vedere se ha prodotto nuove conclusioni.

I consumi son destinati a salire fino ad esaurimento delle materie prime, mentre il consumo energetico di massa produce dosi così massicce di inquinanti che la nostra specie si può definire già a rischio.

Sotto, Sanctuary, che raffigura l’abbraccio di una specie inventata dalla scultrice Patricia Piccinini, una sorta di bonobo umanizzato.

Lo scienziato Stefano Mancuso, in coro con altri, dice che per cavarcela dobbiamo studiare la natura e soprattutto i vegetali, in quanto sono loro che risolvono davvero i problemi, motivati dal fatto di avere una radice che non li fa scappare, son costretti a risolverli per davvero. Lo dimostra il fatto che una semplice piantina di grano ha sviluppato un genoma 5 volte più grande di quello dell’essere umano. Nell’immagine sotto, la differenza è resa visivamente da due cilindri verdi, e quello piccolissimo che fatichi a trovare..quello è il genoma dell’uomo

Facendo un esempio sul non consumo energetico messo in pratica dai vegetali, prendiamo il tarassaco: si è propagato sviluppando una morfologia con forme geometriche che al variare del clima dal secco all’umido, fanno aprire o chiudere il fiore senza nessun dispendio energetico. Lo stesso vale per il suo famoso sistema di dispersione dei semi, che affida al vento la diffusione del pappo, quei filamenti bianchi che trasportano il seme. Inutile dire che abbiamo ancora tanto da imparare e che questo è il momento delle tecnologie bioispirate.

Tra i creativi invitati alla triennale compare anche Agnieszka Kurant, un’artista polacca che collabora per alcuni lavori, insieme a delle termiti, procurando loro sabbia colorata e cristalli, fa costruire le sculture che si vedono nella foto sotto, anche se le termiti probabilmente continuano a chiamarle casa, la Kurant ha trovato un risparmio energetico per se stessa, e anche l’interazione con altri regni oltre alla cerchia dei suoi conoscenti. Il suo è un lavoro di denuncia sullo sfruttamento del lavoro che suscita grande curiosità per l’interazione con gli insetti

L’artista di Tokyo, Kikiu Ishi, per studiare il concetto di conoscenza evolutiva ha preso un polpo, il quale da tempo immemore ha abbandonato il suo guscio per sfuggire ai predatori, e gli ha prestato la copia identica della casa dei suoi avi, la conchiglia delle ammoniti. Il polpo dimostra la famigliarità che permane intatta nei suoi geni sistemandosi all’interno di questa domus acquatica ancestrale, e noi come spettatori possiamo “intravedere” l’ammonite tramite esso

L’oceanologo Charles Moore e l’artista Kelly Jazvac hanno recuperato del materiale agglomerato rinvenuto sulle isole Hawaii, formatosi naturalmente con i detriti della produzione umana, e lo hanno chiamato plastiglomerato, in quanto questi ritrovamenti diverranno sempre più consueti e saranno i nuovi reperti fossili del futuro creati nell’antropocene…!

Un gruppo di ricerca indiano ha sviluppato l’Ice Stupa Project, un’intervento di ingegneria intelligente, che ha portato deviando un corso d’acqua sotto la soglia di congelamento a creare un ghiacciaio artificiale nel Ladakh, nell’Himalaya indiano. Garantendo così una risorsa idrica per tutto l’anno alle popolazioni di una zona desertica, dove gli abitanti a causa del cambiamento climatico e il relativo scioglimento dei ghiacciai ne erano rimasti senza.

L’ultimo lavoro, che voglio rendicontare della visita in solitaria alla triennale di Milano “Broken Nature” è l’opera ambientale di Bernie Krause.

” Su iniziativa della Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi, The Great Animal Orchestra è stata creata dal musicista e bioacoustician Bernie Krause e dallo studio londinese United Visual Artists (UVA).”

Si entra in una larga e buia stanza, con puff adagiati su una moquette, e si stramazza sul morbido sfiniti dalla cultura. Intorno si è cinti da uno schermo perimetrale a tutta parete, su cui scorre graficamente la potenza e l’andamento del canto degli animali emesso nella stanza. L’installazione impiega poco a farsi intendere e fruire, immediatamente ci si lascia andare in posizione cadavere trovandosi circondati dal coro lirico di un branco di lupi catturati dai registratoti di Bernie. Dopo una dozzina di minuti si cambia scenario e ci si immerge negli abissi, fino a sentire con nitidezza i canti delle Balene, e dopo altri 12 minuti si entra nella giungla e si ascolta il barrito poderoso degli elefanti. Il viaggio nel regno animale poi continua tra primati, uccelli e insetti. Mi sono accorto, che mai sono stato tanto piacevolmente immerso in tanta biodiversità. 

L’opera The Great Animals Orchestra, è lì per testimoniarne la fragilità di quei mondi e portare maggiore consapevolezza sulla necessità di un nostro cambiamento al fine di difenderli. Oggi come riporta Mancuso, siamo nel bel mezzo della sesta estinzione di massa, mentre le altre cinque sono state causate da eventi apocalittici lungo un arco di milioni di anni, tipo asteroidi, eruzioni, inversione dei poli, supernove. L’ultima estinzione di massa è la più veloce dei quasi 4 miliardi di anni del pianeta, ed è da imputare all’avvento dell’Homo sapiens, comparso appena 300.000 anni fa. 

Al rientro dal viaggio, scrivendo di questa esperienza in cui confidavo, mi trovo senza una conclusione per l’articolo e forse mi piace vederla come suggerisce captain Bakli (noto condottiero della bassa): questo articolo non ha conclusione “perché è solo l’inizio” di 40.000 chilometri di antropocene

Se passi a Milano questa primavera

1) dove fare una pausa, consigliatomi da Elena e Anna:

Ostello bello pausa lunga

Apple store ha cambiato la piazza vicino al Duomo

Colibrì caffè letterario concerti e mostre

Versolibri caffè libreria eventi

Walden caffè capanna nel bosco nel centro di Milano

Tipografia alimentare cucina brutalista e cultura tipografica

Fernanda il caffè della Pinacoteca di Brera

Fratelli Bonvini ristorante con cultura tipografiaca

Mercatino Penelope usato vintage

Magazzino 76 modernariato

Fonderia artistica battaglia design e scultura in bronzo

2) XXII triennale di Milano “broken nature”

3) Theo Jansen scultura cinetica al museo della scienza

4) Ingres e Antonello da Messina

5) l’amico Carlo Galli espone “out of order” al Question Mark di Milano

Farai fiorimenti ed ornamenti

Dal 3 febbraio al 10 marzo a Villa Bottini di Lucca, nel cinquecentenario della morte di Leonardo Da Vinci, sono esposte le opere degli allievi del Liceo artistico musicale Passaglia.

Anche quest’anno grazie all’invito del centro culturale del Compitese, il Liceo Passaglia entra in questa Villa splendida, di proporzioni e grazia ineguagliabili e nonostante il freddo da geloni ai piedi, partecipa con gioia e gratitudine.

Le opere prodotte dagli studenti hanno dell’incredibile, per la bellezza e la velocità con cui le hanno eseguite,  perché per fare le cose fatte bene occorre tanto tempo! Calcolando le ore a disposizione nei laboratori, mediamente di 5 ore a settimana, su tre mesi utili prima dell’evento, se ne ricava una settimana lavorativa di 8 ore al giorno. Parliamo di una sola settimana di lavoro!!

Anche per questo motivo molti professori preferiscono non partecipare a simili progetti, perché si corre il rischio di fare le cose fatte male e trascurare una buona trasmissione del sapere. . come dargli torto??! Pur tuttavia la qualità prodotta mi fa pensare che sarebbe stato un peccato non azzardare.

La cosa più sorprendente è il baleno, la velocità con cui dà un’idea abbozzata, da una proposta suggerita, il corpo della mostra ha preso forma.

Ci vuole molto lavoro per predisporre le strutture espositive e coordinare un gruppo così grande sullo stesso argomento. Eppure l’organismo scolastico policentrico, multiforme, difficile da coordinare ( il Passaglia ha tre sedi e quattro plessi in totale), ha il potere di avanzare e crescere con grande rapidità, dando ragione ai sistemi più evoluti, che Leonardo studiava prima di noi , quelli vegetali ad esempio o delle intelligenze di sciame, strutture che proprio perché divise in tante parti, ognuna sostituibile, ognuna dotata di diverse intelligenze, risultano essere più efficienti.

Qui vediamo l’installazione di un gruppo classe che reinterpreta la Vergine delle rocce di Leonardo come nascita del mondo o Big Bang sospeso. L’opera è stata “ultimata” durante l’inaugurazione con la performance di Nicola Fortuna che vi metteva al centro sassi sospesi in equilibrio.

Una composizione in continuo divenire in quanto ogni volta che i sassi cadono, uno studente, Giona, porta sempre una nuova tensione o una nuova quiete al suo interno.

Creare una installazione in cui diversi gruppi concorrono è stato difficile e snervante, perché diametralmente opposto al sistema piramidale a cui siamo abituati. La struttura a rete di cui stiamo parlando, ha impedito un controllo centrale e questo può essere disarmante ma ha portato ottimi frutti, rimanendo come unica strada praticabile quella di costruire per tentativi, forse il vero problem solving.



(..) Non è semplice creare un dialogo fra passato e presente, calarlo nella realtà dell'apprendimento, della scoperta, del fare artistico. Ancor più complesso se  l'interlocutore, così lontano nel tempo, è l'espressione del genio per eccellenza. Un confronto simile potrebbe intimorire, oppure far germogliare i semi di una creatività acerba ma straordinariamente vitale. La mostra delle opere degli allievi del Liceo artistico e musicale Passaglia ci racconta  un percorso, una scoperta che parte dallo studio delle opere e del lavoro di Leonardo da Vinci lasciando i ragazzi liberi di ispirarsi e creare, con i propri mezzi e con il proprio stile. (dal comunicato stampa di Paola Massone)
  

Alcuni lavori, forse quelli dal linguaggio più attuale, scherzano con il pubblico facendolo interagire tramite pop-up o qrcode, chiedendo una partecipazione attiva dello spettatore

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Leonardo diceva di non aver mai inventato nulla ma di aver sempre copiato osservando la natura, e forse le opere che hanno intrapreso questa strada sono per me le più emozionanti

Le persone da ringraziare per questo evento sono innumerevoli, e buona pratica è farlo anche con se stessi, grazie dude! e grazie a Marco Pardini, il naturopata, etnobotanico e tanto altro, che ha tenuto per noi una lezione ficiniana sulla simbologia dei fiori ritratti nella Vergine delle rocce.

Grazie al prof. Francesco Micheli per l’intrigante e affollata conferenza sul mistero di Leonardo scultore e ai professori del musicale Mirella di Vita, Francesco Ciampalini e Rosella Isola per le arie e i concerti dell’inaugurazione, grazie a Paola Massone per il comunicato stampa, grazie all’entusiasmante Anna Lagorio, grazie a Luca Nicolai per il laboratorio “questo non è un foglio” e a Nicola Fortuna per la performance da cardiopalma e grazie all’immancabile collante di tutto ciò, l’anima di Villa Bottini, il prof. Roberto Giorgetti! Poi ricordiamo la magistrale guida del prof. Giuliano Toma, la prof.ssa Marilena Sabbatini, la prof. Enrica Giannasi, il prof. Federico Baldassini, la prof.ssa Chiara Santarlasci, la prof.ssa Saveria Rizzo, e il prof. Michele Martinelli per il manifesto insieme allo studente Marco Milanesi, grazie al poliedrico prof. Domenico Troiani, al leggendario prof. Biagini, Luca Calabrese, Fabio Bagnatori, Giovanni Calleri e il gruppo di sostegno, grazie a quel tornado di Federico Pesci, Max Merler e Daniela Cappello, il DS Maria Pia Mencacci e la mia lady Nathalie Alony.. ma davvero grazie soprattutto ai veri fautori, grazie a tutti gli studenti..